“Camminare è la migliore medicina”, così diceva Ippocrate, grande osservatore della natura e dell’essere umano, nonché medico greco considerato il padre della medicina occidentale.
In un mondo sempre più frenetico, dove tutto, dai sentimenti alle più disparate esperienze, è velocità, consumo, apparenza, il camminare consente di avvicinare e scoprire, con ritmi lenti, senza l’affanno di un obiettivo da raggiungere ad ogni costo, quanto ci circonda.
Camminare, oltre a permetterci di entrare non solo in sintonia ma anche in intimità con gli ambienti attraversati, proprio per via della lentezza, ci aiuta a liberare la mente dagli stress, facendo emergere la soluzione ai problemi, e a scaricare l’energia negativa accumulata in mesi di lavoro.
Nella società contemporanea, quella dei falsi bisogni, le persone tendono ad andare “in tilt” alla benché minima controversia o situazione che si presenti come problematica. Camminare, al contrario, dà incredibili benefici psicologici (a parte quelli fisici: cuore, polmoni, sangue, respirazione, eliminazione di tossine, tonificante per i muscoli, lucidità per il cervello).
L’avevano detto anche i saggi dell’antichità che deambulare era il vero rimedio per i mali dell’anima.
Aristotele insegnava camminando sotto i portici del Liceo e i suoi allievi si chiamavano peripatetici, dal greco περίπατοι, “colonnati”.
I sofisti invece si spostavano a piedi di città in città per insegnare la retorica. Socrate amava camminare e dialogare e gli stoici discutevano di filosofia passeggiando sotto la Stoa, i portici di Atene.
Fin dall’antichità classica, camminare è sempre stata un’attività costante degli uomini. Molti filosofi sono stati camminatori.
La strada regolarmente percorsa da Hegel a Heidelberg ha preso il nome di Philosophenweg, quella costeggiata quotidianamente da Kant a Königsberg è chiamata Philosophen-damm.
Ha camminato tanto Kierkegaard, che scrive: «Camminando ogni giorno raggiungo uno stato di benessere: i pensieri migliori li ho avuti camminando e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle camminando».
Scriveva Nietzsche, che ha solcato a piedi l’Engadina e la Liguria: «Bisognerebbe ogni tanto star lontano dai libri per sei mesi e camminare soltanto».
Nietzsche è stato un grande filosofo-camminatore e colui che in modo più radicale ha rotto con l’immagine del filosofo seduto. Lo scrive in Ecce Homo: “Star seduti il meno possibile; non fidarsi dei pensieri che non sono nati all’aria aperta e in movimento – che non sono una festa anche per i muscoli. Tutti i pregiudizi vengono dagli intestini. Il sedere di pietra – l’ho già detto una volta – è il vero peccato contro lo Spirito Santo”.
E che dire di Rousseau? «Non ho mai tanto pensato, tanto vissuto, non sono mai tanto esistito, e con tanta fedeltà a me stesso, quanto nei viaggi che ho compiuto da solo e a piedi». «La marcia ha qualcosa che anima e ravviva le mie idee: non posso quasi pensare quando resto fermo».
Hazlitt, il filosofo della mente che anticipò la psicologia e che nel 1821 scrisse un saggio sul camminare, On going a journey, è stato il grande teorico del camminare in solitudine.
Ha scritto Lao Tse che un viaggio di mille chilometri comincia sempre con il primo passo, che è l’unico che conta perché senza quello, come per il respiro, non ce ne saranno altri.
Ma dove “camminare”, come “camminare” quando “camminare”?
Tutti gli ambienti, anche quelli antropizzati sono fatti per camminare: si cammina lungo un arenile marino, lungo un sentiero, lungo la sponda di un lago, per le vie di borghi antichi, lungo le rive dei fiumi, in montagna, in collina…
Camminare lentamente, senza fretta, mettendo in moto tutti i sensi, senza avere necessariamente una meta. “Ogni passo percorso dovrebbe diventare una meta!”
A volte, per voler raggiungere una “meta”, si finisce con il vedere solo e soltanto quella. Ma per arrivarci, quanto avremo perso? Non è quantificabile! Può essere un bellissimo gioco di colori nel cielo, il volto sorridente di qualcuno che ci passa accanto, la forma di una roccia che si erge all’orizzonte.
Dipende da dove ci troviamo e con chi avremo vissuto il cammino. Soprattutto la gioia nel vedere ciò che si presenta ai sensi, quella in particolare, non sarà quantificabile. Fatto sia, che sarà tutto perso in nome di ciò che volevamo raggiungere. Del nostro cammino ci rimarrà solo la nostra agognata meta.
Pensiamo ai pellegrini che per centinaia di anni hanno percorso lunghissimi itinerari per la gioia dello spirito. San Francesco sicuramente era un grande escursionista.
Tutte le stagioni sono adatte per praticare l’attività più innata nella natura umana L’inverno, nel quale la neve addolcisce qualsiasi paesaggio. La primavera che spande i sui profumi. L’estate piena della sua spensieratezza. L’autunno carico di mille colori.
Il filosofo spagnolo esistenzialista Miguel de Unamuno asserì : “La strada la scopri mentre sei in cammino”. Con questo aforisma viene messo in evidenza il fatto che il camminare può essere concepito anche come una metafora di vita: la possibilità di costruire nuovi percorsi, affrontare nuovi sentieri, trovare nuove soluzioni o cambiare meta.
Avete mai pensato a quanto fa bene camminare? Il consiglio che vi do è quello di trovare almeno 30 minuti al giorno per fare una passeggiata. Ogni scusa è buona: come quella di portare a spasso il vostro amico a quattro zampe, e vi darà più benefici di quanto possiate immaginare. Sono sicura che il vostro corpo e la vostra mente vi ringrazieranno.
Non è un caso se un proverbio cinese dice che il segreto per vivere a lungo è: mangiare la metà, camminare il doppio, ridere il triplo e amare senza misura.
https://www.bitquotidiano.it/camminare-e-la-migliore-medicina-da-ippocrate-ai-giorni-nostri-filosofiche-passeggiate/
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