giovedì 5 luglio 2018

Gli oncologi lo ammettono: buona parte dei medici al soldo delle case farmaceutiche

Gli oncologi lo ammettono: buona parte finanziati da Big Pharma – Un pericolosissimo conflitto d’interesse sulla pelle della Gente?
Medici al soldo delle case farmaceutiche? Come si fa a fidarsi ancora?
Da il corriere.it

Gli oncologi richiamano se stessi alla massima trasparenza
Un’indagine pubblicata sul «British Medical Journal» dal Collegio dei Primari Oncologi Ospedalieri fa il punto sul rapporto della categoria con i possibili conflitti d’interesse

di Luigi Ripamonti
Gli oncologi italiani giudicano il cosiddetto «conflitto d’interesse» un tema importante, che dovrebbe essere valutato e considerato con maggior attenzione. Non è un’opinione ma il risultato di un’indagine condotta dal Cipomo (Collegio Italiano Primari Oncologi Ospedalieri) e pubblicata sul British Medical Journal.
L’indagine
La ricerca è stata realizzata attraverso un questionario con 19 domande messo online sul sito del Cipomo fra il marzo e l’aprile del 2017. Hanno risposto in forma anonima 321 oncologi, il 13 per cento di quelli che lavorano in strutture pubbliche nel nostro Paese. Alcuni dei risultati in sintesi: il 62 per cento ha dichiarato di aver ricevuto finanziamenti da parte di industrie farmaceutiche negli ultimi tre anni. Il 59 per cento ritiene che nelle altre specialità mediche la quota non sia sostanzialmente diversa. L’82 per cento ritiene che la maggior parte della formazione degli oncologi sia supportata dall’industria. Il 75 per cento giudica non inappropriato che le industrie sostengano le spese di vitto e alloggio nel caso di trasferte per motivi di aggiornamento. Quanto ai finanziamenti per gli ospedali che conducono sperimentazioni su farmaci, gli oncologi che hanno risposto al questionario hanno riferito di valutare come equilibrato un contributo all’istituzione di 5 mila euro per malato. Il 60 per cento si è detto d’accordo a ricevere anche un compenso per il lavoro svolto in questi casi, ma il 79 per cento ha specificato che ciò dovrebbe essere riferito nel consenso informato che si propone ai malati prima dell’ingresso in una sperimentazione. Infine, il 90 per cento crede che le Società Scientifiche dovrebbero pubblicare report finanziari in cui siano specificati i finanziamenti ricevuti dall’industria. In conclusione dell’abstract dell’articolo sul British Medical Journal si legge: «Fra gli oncologi italiani il tema del conflitto d’interesse è percepito come un argomento importante, che influenza costi, formazione, qualità della cura e della ricerca. Andrebbe perseguita una politica più rigorosa nella dichiarazione dei conflitti d’interesse».

Il significato
Su questa pubblicazione abbiamo chiesto chiarimenti a Mario Clerico, presidente del Cipomo.
Dottor Clerico: letti così questi numeri fanno venire i brividi. Sembra quasi che gli oncologi italiani siano al soldo delle case farmaceutiche. Come si fa a fidarsi ancora?
«Ovviamente non è così, anzi, questa ricerca conferma il contrario, e cioè che gli oncologi sono consapevoli dell’importanza dei potenziali conflitti d’interesse e che sono consci della necessità di dichiararlo in modo chiaro. Casomai, il fatto di volerne parlare è indizio di onestà e di desiderio di trasparenza. Nessuno ci ha obbligato a far emergere questo dato, siamo noi che vogliamo portare all’attenzione delle autorità ministeriali questi risultati, per migliorare ulteriormente la trasparenza dei rapporti con le aziende farmaceutiche e per proporre delle regole eticamente corrette».

Beh, però suona come un’accusa, o, se preferisce, un’ammissione di colpa.
«Non vogliamo fare né accuse né ammissioni di colpa. Abbiamo voluto fare una riflessione sull’argomento. L’indagine è stata condotta per capire come viene percepita la condizione in cui lavoriamo. Siamo consci dei potenziali pericoli di sovrapposizione degli obiettivi. E’ normale che un‘industria faccia marketing per vendere il proprio prodotto. Tuttavia, in campo sanitario, i soggetti coinvolti sono in condizioni uniche: chi sceglie , cioè il medico, non paga e non consuma; chi consuma cioè il paziente, non sceglie e non paga; chi paga , cioè il Sistema Sanitario, non sceglie e non consuma. Gli interessi sono dunque diversi e potenzialmente in conflitto: bisogna mettere in atto meccanismi di controllo specifici».

Fra i meccanismi di controllo del sistema c’è la dichiarazione dei conflitti d’interesse?
«Esatto. Non a caso, quando si vuole pubblicare uno studio su un’importante rivista scientifica, viene chiesta la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. L’industria farmaceutica, nel perseguire i suoi interessi – sperimentare i propri farmaci – collabora con i medici, i cui interessi sono legati alla cura, non all’uso di farmaci. Il finanziamento ricevuto dall’industria farmaceutica per condurre le sperimentazioni cliniche deve essere trasparente. Inoltre, è necessario chiarire che i risultati della ricerca siano analizzati dagli sperimentatori e non dai finanziatori, per evitare manipolazioni dei dati o che non vengano pubblicati i risultati negativi».

A proposito di costi: colpiscono quei 5 mila euro per paziente che secondo gli oncologi sono una cifra equa che l’industria dovrebbe riconoscere agli ospedali per ogni malato che entra in una sperimentazione.
«In realtà le cifre potrebbero essere anche più elevate, ma gli oncologi ritengono che siano giustificate per coprire le spese sostenute dall’ospedale per condurre la sperimentazione, per gli esami richiesti, per l’uso del personale, eccetera. Non è pensabile che le spese della ricerca siano sostenute dal Sistema Sanitario Nazionale o, peggio, dai pazienti stessi».

Quindi non è che da oggi bisogna guardare gli oncologi con sospetto perché fanno i loro interessi sulla pelle degli ammalati?
«Casomai il contrario: gli oncologi sono specialisti che hanno avuto il coraggio di richiamare loro stessi alla necessità di porre la massima attenzione al problema del conflitto d’interesse, per evitare che influenzi l’atteggiamento verso il malato e le scelte».

Quali sono in conclusione le proposte che il Cipomo fa su questo tema?
«Cipomo ha prodotto un documento che esprime la propria posizione sull’argomento. Inoltre propone di eliminare le relazioni finanziare dirette tra industria e medici. Ogni attività di consulenza con le case farmaceutiche deve essere mediata dall’Ospedale presso cui si è dipendenti. In questo modo il medico è meno esposto al rischio di diventare un portatore di interessi diversi da quelli del paziente o del Servizio Sanitario Nazionale».

fonte: https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/18_giugno_30/oncologi-conflitti-interessi-e6318664-7c73-11e8-87b8-02c87e8bc58c.shtml?refresh_ce-cp

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